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La Fondazione Giuseppe Pianori per l'arte moderna e contemporanea

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La Fondazione Giuseppe Pianori per l'arte moderna e contemporanea


La storia culturale di una città si capisce bene studiando le vicende degli esponenti più rappresentativi e Giuseppe Pianori può essere visto come esempio significativo di un uomo che, dall'amore nei confronti di Ferrara e della sua cultura, trasse il coraggio di investire il proprio capitale privato finanziando, attraverso l'istituzione di una fondazione, il recupero del patrimonio artistico cittadino dal mercato dell'arte a beneficio della collettività. 
Ma chi era Giuseppe Pianori? A tracciarmi un suo vivido ritratto è il Rag. Mario Carion, competente e solerte esecutore testamentario di Giuseppe Pianori e, in tal veste, sostenitore prezioso dell'omonima Fondazione. 
Nato a Portomaggiore il 31 agosto 1906, Pianori fu un facoltoso agricoltore; possedeva svariate proprietà e terreni nei dintorni di Portomaggiore la cui oculata gestione occupava gran parte delle sue giornate. Persona semplice, gentile, grande risparmiatore, abilissimo nell’amministrazione della sua attività, condusse una vita morigerata all'insegna del lavoro. A Ferrara visse dapprima in una casa sita in via Frescobaldi salvo poi trasferirsi in una piccola proprietà, con dependance, in via del Gregorio 3. Uomo schivo e poco incline alla mondanità, amava trascorrere il proprio tempo libero a leggere e conversare con gli amici nella sala di lettura del Circolo dei Negozianti. 
La decisione di istituire una fondazione legata al suo nome e a quello della sua famiglia matura già negli anni Settanta. Incerto sul da farsi, per averi lumi, ne parla  con l'avvocato Paolo Ravenna, presentatogli dal maestro Franco Farina, allora direttore delle Gallerie d'Arte Moderna e Contemporanea. Dai ripetuti colloqui con l'avvocato ferrarese prende forma l'idea di istituire una fondazione testamentaria finalizzata alla tutela del patrimonio storico-artistico cittadino, con precise clausole: in particolare il testatore pone l'accento sulla salvaguardia delle opere degli artisti ferraresi dell'Ottocento sino ai primi anni del Novecento, con un'unica eccezione: Filippo de Pisis, nonostante vita e produzione artistica del Tibertelli travalicassero i limiti temporali stabiliti. Il fatto che Pianori decida di includere De Pisis nel novero degli artisti da “tutelare”, va ricercato nel fatto che i due si conobbero in vita, nutrendo stima reciproca. 
Per dare forma compiuta al suo proposito di istituire una fondazione testamentaria, serviva liquidità di denaro; decide allora di vendere la casa in via Frescobaldi e alcuni terreni. 
Il 24 marzo del 1980 - accompagnato, tra gli altri, con discreta ma vigile e lungimirante attenzione dal ragionier Carion – Giuseppe Pianori si reca dal notaio Magnani e gli consegna il suo testamento segreto: “una busta già chiusa e sigillata con nove sigilli in ceralacca portanti ciascuno impressa l'impronta delle lettere “GP” intrecciate tra loro”, annota scrupolosamente il notaio. Non vivrà a lungo: si spegne il 12 maggio e tre giorni dopo, presente il ragionier Mario Carion, uno dei due esecutori testamentari e altri testimoni, viene aperto e reso pubblico il suo testamento in cui, tra le altre cose, si legge:“Per onorare in modo degno e duraturo la memoria della famiglia Pianori, intendo costituire e costituisco la fondazione denominata ‘Giuseppe Pianori’ con lo scopo di sviluppare ed arricchire il patrimonio artistico e culturale di Ferrara attraverso l'acquisizione di opere di artisti ferraresi che abbiano dato sicuro apporto alla storia dell'arte italiana. Istituisco mio erede universale la fondazione come sopra costituita e l'asse relitto ne costituirà il patrimonio iniziale”. Ma c'è di più. Nomina infatti come Presidente della Fondazione il Presidente pro tempore della Cassa di Risparmio di Ferrara, testimone che è passato, dal 1990, alla Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara (ora "Fondazione Estense"). 
A fronte di una figura così rara e vivida, la Fondazione Pianori realizza, ancora oggi, le volontà del testatore dotando la città, attraverso l'acquisizione di opere, di un inestimabile patrimonio, un bene comune, fruibile dalla collettività.
In questo modo, dal 1983, le Gallerie d'Arte Moderna e Contemporanea di Palazzo Massari hanno visto crescere in modo cospicuo il patrimonio artistico in essa conservato. Grazie al generoso gesto di Pianori e a una gestione oculata dei mezzi finanziari messi a disposizione è stato possibile acquistare per il museo più di 70 opere, tra dipinti, disegni e sculture, di artisti ferraresi dell'Ottocento e primo Novecento che “hanno dato un sicuro apporto alla storia dell'arte italiana”. L'elenco è lungo ma, per rendersi conto dell'ampiezza del panorama e intuire la serietà dell'impegno della Fondazione, basterà ricordare: Boldini, Previati, Mentessi, Pisa e, naturalmente, Filippo de Pisis. Di quest'ultimo, per merito della Fondazione Pianori, sono stati recuperati sul mercato antiquario e donati alle Gallerie, ventitré olii e ventiquattro disegni. In seguito ai lasciti della Fondazione Pianori, le Gallerie comunali possono vantare la prima sorprendente prova giovanile eseguita all'età di dodici anni (Passeri del 1908), dipinti rappresentativi degli anni Venti (La gabbietta del 1926, primo dipinto acquisito) e alcune vedute di Parigi della seconda metà degli anni Trenta (Strada di Parigi del 1938). Senza dimenticare Il cortile dello studio di via Rugabella del 1943, dipinto nella casa di Milano dove l'artista visse dal 1941 al 1943, Natura morta con calamaio del 1951 e i disegni provenienti dalla collezione di Giuseppe Raimondi. Infine alcune opere che testimoniano in modo significativo un genere pittorico, quello delle “nature morte marine metafisiche”, inventato da De Pisis e frutto della libertà e felicità creativa scaturita dall'incontro del pittore ferrarese con l'esperienza metafisica con cui si misura a Parigi, ben esemplificato da Le cipolle di Socrate (1927). Qui, su una spiaggia sognata dell'antica Grecia, dove troneggia in primo piano una statua acefala mentre, in secondo piano, un filosofo avvolto da una toga sembra assorto nei suoi pensieri, due cipolle, belle, reali e di un color viola così intenso e vitale, rompono l'incantesimo onirico e intellettuale, introducendo nella tela un tocco di ironia metafisica. Da sempre appartenuto alla collezione privata dello scrittore André Pieyre de Mandiargues, non solo amico ed esegeta di De Pisis, ma anche marito della nipote Bona, il dipinto venne acquistato dalla Fondazione Pianori nel 2005 entrando, così, ad arricchire la collezione delle opere di De Pisis delle Gallerie d'Arte Moderna e Contemporanea. 
In conclusione è opportuno sottolineare che la Fondazione ancora oggi amministra  terreni agricoli e immobili rurali, lasciati in eredità dal benefattore, la cui rendita assicura i mezzi economici per il consolidamento del patrimonio delle collezioni delle Gallerie d'Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, perseguendo in tal modo le volontà testamentarie di Giuseppe Pianori di “sviluppare ed arricchire il patrimonio artistico e culturale di Ferrara”. 

 


Articolo di Vasilij Gusella, Conservatore / Curatore Fondazione Ferrara Arte

 

 

Le cipolle di Socrate, F‍ilippo De Pisis (Ferrara 1896 - Milano 1956), 1927, olio su cartone, cm 55 x 42,5 

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