Nucleare: tra sostenibilità economica e ambientale, la Conferenza
La conferenza "Nucleare: tra sostenibilità economica e ambientale", organizzata dalla Fondazione Estense e dall'Associazione Guido Carli, ha avuto l'obiettivo di affrontare il tema dell'energia nucleare in Italia con un approccio razionale, al di fuori degli ideologismi che ne hanno spesso caratterizzato il dibattito.
Saluti Introduttivi
Le sessioni introduttive hanno visto gli interventi di alcune personalità che hanno posto le basi per la discussione:
- Riccardo Maiarelli, Presidente della Fondazione Estense e moderatore dell'evento, ha sottolineato la necessità di affrontare il nucleare con razionalità, ricordando il paradosso italiano di essere stati pionieri (Enrico Fermi nel '38, il primo reattore a Chicago) per poi azzerare le discussioni a seguito del referendum dell'87 (post-Chernobyl) e del 2011 (post-Fukushima). Ha evidenziato che l'Italia è circondata da paesi nucleari, soffre di costi energetici insostenibili e dipendenza da situazioni geopoliticamente instabili. Ha infine menzionato l'intelligenza artificiale come nuovo fattore che sta guidando una "corsa al nucleare" da parte delle grandi aziende tecnologiche, a causa dell'enorme consumo energetico dei data center.
- Federico Carli, Presidente dell'Associazione Guido Carli, ha affermato che crescita economica e salvaguardia ambientale non sono in conflitto, ma devono essere perseguite simultaneamente. Ha evidenziato il costo elevato dell'energia in Italia rispetto ad altri paesi europei come Spagna, Francia e Germania, che penalizza imprese e famiglie. La sfida della decarbonizzazione non può essere elusa, e il nucleare si inserisce in questo quadro per ridurre i costi e decarbonizzare il sistema energetico italiano.
- Alessandro Balboni, Vicesindaco di Ferrara e assessore con delega all'ambiente, ha evidenziato la "povertà climatica" e la difficoltà delle famiglie a sostenere i costi energetici. Ha indicato che la soluzione sta in un "mix energetico", dove il nucleare può essere un fattore determinante per sbloccare una situazione "ingolfata", superando decenni di "deriva ideologica". Ha elogiato l'approccio tecnico e pragmatico del governo attuale, promuovendo il confronto per "sdoganare un tabù" e portare benefici a imprese e cittadini.
Interventi dei Relatori
Successivamente, il dibattito è entrato nel vivo con gli interventi approfonditi di esperti del settore:
Giampiero Joime (Componente del Nucleo tecnico per il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, docente di economia dell'ambiente del territorio)
Il Professor Joime ha evidenziato che l'Italia e l'Europa affrontano tre grandi vulnerabilità:
- Vulnerabilità climatica: legata al cambiamento climatico e alla necessità di ridurre la CO2.
- Vulnerabilità energetica: una forte dipendenza dalle importazioni di fonti fossili, che comporta una criticità strategica e rende il paese dipendente dai detentori delle risorse critiche.
- Vulnerabilità industriale: la transizione energetica, condotta in modo "ideologico" e senza considerare il "Just Transition Mechanism", ha generato una dipendenza da materie prime critiche (terre rare, litio) e componenti (pannelli fotovoltaici, batterie) dominate dalla Cina. Questo ha penalizzato l'industria europea, ma una recente comunicazione dell'UE, il "Clean Industrial Deal", mira a riportare l'industria al centro.
Per superare queste vulnerabilità, è necessario investire e produrre autonomamente impianti rinnovabili e loro componenti, accelerando le installazioni nonostante la burocrazia. Tuttavia, poiché le rinnovabili (ad eccezione dell'idroelettrico) sono intermittenti e non programmabili, sono necessarie altre fonti, come il gas (ancora importato) o il nucleare. Joime ha rimarcato che il nucleare rientra nella tassonomia verde dell'Unione Europea e che l'Italia, nonostante l'oscurantismo post-referendum, mantiene una forte capacità di ricerca (23 brevetti nel 2022/2023), industrie e una società come Enel che continua a investire nel nucleare. L'attuale disegno di legge sul nucleare riflette un approccio pragmatico e non ideologico. L'obiettivo è produrre energia in modo continentale e nazionale, attraverso rinnovabili e nucleare (fissione e fusione), anche se i tempi per la realizzazione concreta sono lunghi (10-15 anni per la fissione, di più per la fusione). L'avvio di un percorso nucleare riattiverebbe l'entusiasmo di centri di ricerca, industria, legislatori e indurrebbe una pressione competitiva sui fornitori di gas.
Simone Mori (Fondatore SIO Eneosis, ex Enel, docente Luiss)
Simone Mori ha ribadito che competitività e tutela ambientale non sono in contraddizione, ma l'Europa soffre un deficit di competitività dovuto all'eccessiva dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, a differenza degli USA che hanno sfruttato il gas non convenzionale. Ha sottolineato la necessità di una transizione energetica pragmatica, poiché un'uscita immediata dal gas non è possibile né desiderabile. La domanda di elettricità è destinata a crescere enormemente nei prossimi 10-15 anni a causa dell'elettrificazione industriale, della decarbonizzazione dei trasporti (auto elettriche) e, in particolare, della diffusione dei data center e dell'intelligenza artificiale, che richiedono quantità di energia enormi e in costante aumento.
Pur riconoscendo che le fonti rinnovabili sono il modo più veloce ed economico per produrre elettricità, Mori ha evidenziato che non sono sufficienti a causa della loro intermittenza, non programmabilità e del problema dell'uso del territorio, che rende difficile la costruzione di impianti in Europa. L'Italia è stata una delle prime potenze nucleari mondiali, e l'uscita da questa tecnologia è stata una "scelta scellerata". I grandi progetti nucleari in Europa e negli Stati Uniti hanno spesso fallito a causa di tempi lunghi, costi eccessivi, mancanza di armonizzazione tecnologica e regolatoria, e problemi nelle catene di fornitura. L'Europa sta ora adottando un approccio più realistico al nucleare, e l'Italia, con la sua elevata dipendenza dal gas e i prezzi più alti in Europa, ha un forte interesse a partecipare a questo processo. Sebbene il percorso sia lungo (10-15 anni per risultati concreti), è fondamentale iniziare, e il consenso pubblico, soprattutto tra i giovani, è in crescita. Il nucleare è un passaggio complementare alle rinnovabili per raggiungere l'obiettivo comune di ridurre le dipendenze dai combustibili fossili.
Marco Peruzzi (Vicepresidente e componente del comitato esecutivo del gruppo Edison)
Marco Peruzzi ha presentato uno studio condotto con il Politecnico di Milano, ENEA e Nomisma, che vede le rinnovabili come prima scelta per la decarbonizzazione, ma sottolinea come, superata una copertura dell'80-85% della domanda, i costi per gli accumuli e il trasporto dell'energia (dal Sud al Nord Italia) diventano insostenibili, stimati in 800 miliardi di euro. Per il restante 20%, sono necessarie tutte le tecnologie che possano garantire flessibilità, e il nucleare può coprire almeno il 10% di questo fabbisogno.
Ha illustrato il potenziale degli Small Modular Reactor (SMR), impianti da 400 MW, che non sono piccolissimi ma hanno un ingombro significativamente ridotto rispetto alle grandi centrali. Le caratteristiche degli SMR li rendono particolarmente adatti all'Italia:
- Cogenerazione: Possono produrre sia energia elettrica che calore, rendendoli competitivi per settori industriali difficili da decarbonizzare (es. carta, piastrelle, siderurgia, chimica).
- Ingombro ridotto: Richiedono l'equivalente di un campo di calcio, permettendo la collocazione in contesti industriali.
- Produzione in fabbrica: Possono essere prodotti in serie, testati singolarmente e poi assemblati in loco, superando i rischi e i ritardi tipici dei grandi impianti costruiti interamente in cantiere.
- Gestione delle scorie: Le tecnologie SMR di "Generazione 3+" sono un ponte verso la "Generazione 4", che potrebbe utilizzare le scorie della Gen 3 come fonte di produzione, affrontando così il problema dello smaltimento.
Peruzzi si è mostrato ottimista sui tempi di realizzazione, ritenendo che l'Italia possa accelerare grazie alle oltre 70 imprese e agli specialisti italiani di altissimo livello che operano nel settore nucleare all'estero. Ha citato un'indagine IPSOS che mostra un'alta accettabilità del nucleare tra i giovani, associata alla competitività industriale e alla necessità di difendere il primato manifatturiero italiano e prevenire la delocalizzazione. Ha aggiunto che gli SMR, essendo più piccoli e intrinsecamente più sicuri, sono meno soggetti al rischio militare rispetto alle grandi centrali.
Pietro Maria Putti (Amministratore Delegato di GME, Avvocato, Professore Associato)
Pietro Maria Putti, parlando a titolo personale, ha criticato l'approccio ideologico e superficiale che ha caratterizzato il dibattito sul nucleare in Italia, lamentando la mancanza di esperti nei dibattiti che hanno portato ai referendum. Ha definito la decisione del referendum dell'87 una "scelta scellerata". Le conseguenze di tale scelta includono:
- L'origine del debito pubblico italiano per il pagamento dei contratti di costruzione delle centrali (es. Montalto di Castro).
- La perdita di competitività, nonostante l'Italia fosse la quinta potenza industriale mondiale con sole quattro centrali nucleari.
- La necessità di creare una legge sul decommissioning, non esistente prima.
Putti ha evidenziato che la tecnologia degli SMR (Small Modular Reactor), sebbene oggi presentata come innovazione, ha avuto applicazioni militari (sottomarini, lanci spaziali) per 50 anni. Ha elogiato gli scienziati italiani, tra i migliori al mondo nel settore nucleare, le cui competenze sono state in parte disperse. Ha sostenuto che il "mix energetico" è la soluzione più intelligente, e che, pur essendo a favore delle rinnovabili, queste sono intermittenti e non programmabili. L'idroelettrico, sebbene stabile, ha limiti naturali, e i pompaggi idroelettrici sono ostacolati da normative.
Per Putti, l'elettrificazione e la transizione energetica implicano che non c'è alternativa al nucleare nel mix energetico, un punto riconosciuto anche dagli ambientalisti più seri. Ha sottolineato che la transizione richiederà anni, quindi è fondamentale la neutralità tecnologica, sfruttando tutte le fonti energetiche possibili. Ha inoltre evidenziato che l'Italia ha investito 250 miliardi di euro nelle rinnovabili negli ultimi 10 anni (tramite "Conto Energia"), portando la produzione rinnovabile (escluso idroelettrico) dal 4% nel 2004 al 44% attuale, ma a costi significativi per i cittadini. Ha concluso esortando a un'informazione corretta e completa, al di là della propaganda, per costruire un paese competitivo.
Gianluca Artizzu (Amministratore Delegato di Sogin)
Gianluca Artizzu ha smontato le critiche degli ambientalisti sul costo del nucleare e sulla questione dell'uranio. Ha spiegato che l'indicatore LCOE (Levelized Cost of Energy), spesso citato per dire che il fotovoltaico costa meno, è un parametro "illusorio" che considera solo l'investimento sulla singola tecnologia e non l'intero costo del sistema energetico, che include la rete di trasporto e distribuzione. Una vera analisi dei costi deve considerare l'intera filiera: dalla fonte di energia, al convertitore (centrale), alla rete di trasporto e distribuzione con le sue specifiche caratteristiche (es. la necessità di raddoppiare le linee di trasporto se l'energia è prodotta prevalentemente al Sud e consumata al Nord).
Artizzu ha sottolineato che l'Italia, pur non avendo grandi risorse naturali (uranio, gas, petrolio, metalli di pregio, terre rare), è un paese manifatturiero di eccellenza, quinto al mondo per avanzo commerciale e competitivo in quasi mille settori merceologici (meccanica di precisione, chimica, farmaceutica). Questo richiede un approccio pragmatico all'energia. Ha distinto la "qualità" dell'energia: il nucleare, insieme a carbone, petrolio e gas, produce "carico di base" (baseload), l'energia più pregiata e indispensabile per il funzionamento continuo di servizi critici come la difesa, la medicina e la catena del freddo. Le rinnovabili non programmabili (eolico, fotovoltaico), invece, producono quando possono, e la loro elettricità è "meno pregiata", potendo persino avere un costo negativo se non conservata con batterie, che aggiungono costi e complessità. Ha evidenziato che il nucleare è la fonte di energia più densa e che occupa meno spazio, e ha causato meno vittime in assoluto per terawatt-ora prodotto, a differenza, ad esempio, dell'idroelettrico. Ha aggiunto che i costi del nucleare, a differenza di altre fonti, includono già lo smaltimento delle scorie.
Artizzu ha mostrato un ottimismo tecnologico, poiché l'Italia avrebbe le competenze per ripartire, ma un pessimismo normativo, data la mancanza di un'infrastruttura regolamentare e autorizzativa e una cultura del "vietare" piuttosto che del "consentire". Ha ricordato come gli Stati Uniti abbiano modificato le loro regole per accelerare le autorizzazioni. Infine, ha rassicurato sulla sicurezza nucleare in caso di eventi bellici: una centrale civile non può esplodere come un ordigno atomico per via dell'arricchimento dell'uranio. Ha spiegato che bombardare una centrale nucleare è meno pericoloso che bombardare una centrale a carbone in termini di emissioni radioattive e che l'obiettivo militare, in caso di conflitto, è il controllo della centrale per ottenere energia, non la sua distruzione.
In sintesi, la conferenza ha delineato un quadro complesso ma urgente per l'adozione del nucleare in Italia, spinta dalla necessità di ridurre i costi energetici, garantire la stabilità di approvvigionamento, favorire la decarbonizzazione e sostenere la competitività industriale, superando decenni di pregiudizi ideologici e affrontando le sfide normative e infrastrutturali.